Aumento di capitale – il CdA può riaprire i termini per l’esercizio dell’opzione
L’eventuale impossibilità di assicurare ai nuovi aderenti l’originario rapporto di sottoscrizione è un mero inconveniente.
diritto internazionale
L’eventuale impossibilità di assicurare ai nuovi aderenti l’originario rapporto di sottoscrizione è un mero inconveniente.
Così ha stabilito il Tribunale di Catania, con il provvedimento del 18 luglio 2013, che ha dunque dovuto affrontare alcuni rilevanti aspetti delle discipline che conducono all’intersecazione delle regola proprie dell’aumento di capitale e delle deliberazioni consiliari. Come noto, il termine per la sottoscrizione dell’aumento di capitale è necessariamente fissato dall’assemblea, dovendo “risultare dalla deliberazione” ex art. 2439 comma 2 c.c., ma tale termine quasi mai conicide con i termini per l’esercizio del diritto di opzione (e di prelazione) – che deve essere di almeno trenta giorni dalla pubblicazione dell’avviso nel Registro delle imprese – e che possono essere fissati dagli amministratori, che sono tenuti ad iscrivere il suddetto avviso al fine del decorso del relativo termine (ex art. 2441 comma 2 c.c. ).
La circostanza che, al momento della riapertura del termine per l’esercizio dell’opzione, a opera del cda, una parte dell’inoptato sia stata già oggetto di prelazione per mano di altri soci, non vale a rendere illegittima la decisione, configurandosi – nell’eventualità che le azioni offerte in opzione non siano sufficienti a soddisfare tutti i nuovi sottoscrittori nella misura originariamente programmata (nella specie, una azione ogni due possedute) – un mero inconveniente, imputabile esclusivamente al ritardo, rispetto al primo termine, con cui taluni soci interessati hanno manifestato la volontà di partecipare alla manovra di aumento del capitale sociale. E ciò anche senza considerare se la società soddisfi o meno tutte le richieste di sottoscrizione in opzione provenienti dalla compagine sociale (comprese quelle tardive), rispettando l’originario rapporto di sottoscrizione. Rispetto a ciò, inoltre, la delibera consiliare di “riapertura” che riconosca ai soci un termine per esercitare il diritto di opzione entro soli sette giorni, non è invalida per violazione dell’art. 2441 comma 2 c.c., ai sensi del quale, come evidenziato, il termine deve essere sempre non inferiore a trenta giorni. Si tratta, infatti, di una mera “riapertura” del termine precedente, concesso nel rispetto dello “spatium deliberandi” imposto dalla legge.