Rimane l’obbligo di munirsi di POS in capo ai professionisti che superano la soglia di fatturato di cui all’articolo 2 del DL 179/2012.
Respinta dal TAR Lazio la richiesta di sospensione avanzata dal CnArchitetti del decreto 24 gennaio 2014. Permane, dunque, l’obbligo di accettare pagamento con strumenti di credito superiori all’importo di € 30.
In attesa di sviluppi che certo non si faranno attendere, ad oggei è confermato l’obbligo, per i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche di natura professionale, di accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito, in base a quanto disposto dal decreto interministeriale 24 gennaio 2014.
Lo ha stabilito il TAR Lazio l’ordinanza 1932/2014 che ha respinto l’istanza cautelare richiesta dal Consiglio nazionale degli Architetti con l’intervento, ad adiuvandum, del Consiglio nazionale degli Ingegneri.
Il decreto in parola contiene numerose definizioni e delimita l’ambito di applicazione della nuova norma in relazione alla ricezione dei pagamenti con carte di debito e dà attuazione all’art. 15 del DL 179/2012, così come modificato dall’art. 9, comma 15-bis del DL 150/2013 convertito. Nello specifico, l’art. 2, al primo comma, statuisce che l’obbligo di accettare pagamenti effettuati attraverso carte di debito di cui all’art. 15, comma 4 del DL 179/2012 si applica “a tutti i pagamenti di importo superiore a 30 euro, disposti a favore dei soggetti, rientranti nella definizione di “esercente” (beneficiario, impresa o professionista, di un pagamento abilitato all’accettazione di carte di pagamento anche attraverso canali telematici), per l’acquisto di prodotti o la prestazione di servizi“.
Subito dopo, il comma 2 provvede a specificare che, in sede di prima applicazione e sino al termine del 30 giugno, l’obbligo di accettazione di pagamenti elettronici vale solo per le attività commerciali o professionali che abbiano un fatturato, nell’anno precedente a quello in corso del quale è effettuato il pagamento, superiore a 200.000 euro.
I ricorrenti eccepivano nell’istanza di annullamento, previa sospensione dell’efficacia del decreto 24 gennaio 2014, gravi e irreparabili elementi di danno ma Il TAR Lazio ha ritenuto di dover respingerel’istanza cautelare, ritenendo che il decreto impugnato sembri rispettare i limiti e i criteri direttivi fissati dalla norma, che impone “perentoriamente ed in modo generalizzato” l’obbligo a decorrere dal 30 giugno.
L’ordinanza, inoltre, ritiene che il provvedimento impugnato si limiti a prevedere, “nel rispetto della norma attributiva del potere di normazione secondaria” (art. 15, comma 5 del DL 179/2012), “un termine di decorrenza differenziato in relazione a distinte classi di imprese e professionisti (obbligo immediato per imprese e professionisti il cui fatturato, nell’anno precedente a quello nel corso del quale è stato effettuato il pagamento, sia stato superiore ai duecentomila euro; obbligo differito al 30 giugno 2014 per tutti gli altri operatori) e l’importo minimo dei pagamenti ai quali si applica la nuova disposizione di legge”.
E di conseguenza – scrivono ancora i giudici – a una prima “e – inevitabilmente – sommaria valutazione, l’atto impugnato non sembra viziato dalle illegittimità dedotte in ricorso, né sotto il profilo della violazione di legge né sotto quello dell’eccesso/sviamento del potere”.
Infine, sottolineando che le questioni di legittimità costituzionale sollevate impongano approfondimenti ulteriori, il TAR ritiene che il pregiudizio allegato dai ricorrenti, relativo ai costi organizzativi ed economici connessi all’acquisto del POS, abbia natura prettamente economica. Sotto tale profilo, è stata dunque considerata “carente la dimostrazione dell’irreparabilità del pregiudizio”, richiesta dall’art. 55, comma 1 del DLgs. 104/2010 (Codice del processo amministrativo), “che non può riferirsi al Consiglio dell’Ordine come ente esponenziale della categoria” mentre, per il singolo professionista ricorrente, “tale pregiudizio non può esaurirsi nella generica allegazione di danni meramente patrimoniali, in assenza di deduzioni sulla situazione economica dell’interessato, tali da far ipotizzare un esito potenzialmente irreversibile, in caso di mancata sospensione degli effetti del provvedimento”.
Quel che è certo è … che non finisce certo qui e le categorie rappresentative delle diverse professioni non mancheranno certo di far conoscere le proprie posizioni.