Diritto Societario

Legittime le votazioni “non proporzionali” nelle Srl?

Sono dedicate alle azioni a voto contingentato o scaglionato ed al voto non proporzionale nelle srl due delle nuove massime (e relative motivazioni) del Consiglio Notarile di Milano (le nn. 136 e 138 del 13 maggio 2014).
In relazione alle azioni a voto contingentato (ovvero con tetto massimo, dove, superata una certa soglia, il voto si sterilizza) o scaglionato (che può atteggiarsi in diversi modi tendenti comunque a depotenziare il diritto di voto al crescere della partecipazione azionaria) appare opportuno ricordare, in via preventiva, il testo normativo di riferimento.

Ai sensi dell’art. 2351 commi 1, 2 e 3 c.c., infatti, “Ogni azione attribuisce il diritto di voto.
Salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni senza diritto di voto, con diritto di voto limitato a particolari argomenti, con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Il valore di tali azioni non può complessivamente superare la metà del capitale sociale.
Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere che, in relazione alla quantità di azioni possedute da uno stesso soggetto, il diritto di voto sia limitato ad una misura massima o disporne scaglionamenti”.

A fronte di ciò, la massima n. 136 stabilisce, innanzitutto, in linea con la prevalente dottrina, che il contingentamento o lo scaglionamento possono riferirsi sia alla generalità delle azioni che rappresentano il capitale sociale, che ad una o più categorie di azioni.

Nel caso in cui il voto contingentato o scaglionato si riferisca alla generalità delle azioni, il limite previsto dall’art. 2351 comma 2 c.c. non trova applicazione. Esso, infatti, per operare presuppone che vi siano azioni a voto pieno ed a voto limitato. D’altra parte, quando tetto massimo o scaglionamento costituiscono regola generale viene meno anche la ratio della limitazione in questione.

Ove, invece, il voto contingentato o scaglionato si riferisca ad una o più categorie di azioni occorre rispettare il limite normativo. Ciò può accadere, alternativamente, mediante i seguenti possibili assetti. Quando le azioni di categoria speciale (cui viene imposto il contingentamento o lo scaglionamento) non superino la metà delle azioni che compongono il capitale sociale (circostanza che certamente reca in sé il rispetto del limite normativo). Quando il numero delle azioni che compongono la categoria speciale di azioni a voto contingentato o scaglionato sia anche superiore rispetto alla metà del capitale sociale, ma il numero delle azioni a voto pieno rimanga in concreto almeno pari alla metà delle azioni complessivamente in circolazione.

In relazione alle srl, poi, le motivazioni della massima n. 138 sottolineano come una pluralità di argomentazioni inducano a sostenere che il principio sancito dall’art. 2479 comma 5 c.c. – ai sensi del quale “ogni socio ha diritto di partecipare alle decisioni […] ed il suo voto vale in misura proporzionale alla sua partecipazione” – costituisca una regola dispositiva al pari del citato art. 2351 comma 1 c.c. (si tenga presente che sulla questione la dottrina ha assunto posizioni estremamente eterogenee).

Determinante anche la riconoscibilità di “particolari diritti”

Si osserva, innanzitutto, come la natura derogabile o inderogabile delle disposizioni delle srl si debba desumere alla luce di tutti gli elementi interpretativi ed in coerenza con le caratteristiche del tipo, con il quadro sistematico delle norme delle srl e degli altri tipi sociali, nonché della loro dimensione funzionale e degli interessi da esse tutelati. In questa prospettiva emerge come le indicazioni della legge delega sull’autonomia statutaria impongano una lettura in termini di derogabilità delle regola dettate in tema di “contenuto della partecipazione” che siano prive di chiari segni circa una propria natura imperativa.

Una conferma di tale derogabilità deriva dai commi 2 e 3 dell’art. 2468 c.c., in base ai quali “salvo quanto disposto dal terzo comma del presente articolo, i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta […]. Resta salva la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili”. Dal momento che tra i particolari diritti riguardanti l’amministrazione possono figurare attribuzioni a taluni soci di decisioni altrimenti rimesse alla collettività dei soci (ad esempio, nomina degli amministratori), appare evidente, in simili casi, la deroga al principio di proporzionalità del diritto di voto.

D’altra parte, si ritiene possibile costruire i particolari diritti in questione anche come maggiorazione del diritto di voto con conseguente deroga del principio di proporzionalità (cfr. la massima 19 novembre 2004 n. 39 del Consiglio Notarile di Milano). E se ciò vale per singoli soci, deve ammettersi, a maggior ragione, a fronte di una regola organizzativa applicabile in via generale ed astratta a tutti i soci (si pensi a clausole recanti, per tutte o alcune decisioni, il tetto massimo di voto, il voto scalare, il voto scaglionato o il voto capitario).

E quindi, la deroga al principio di proporzionalità del voto può avvenire con clausole applicabili in via generale e astratta a tutti i soci (tetto massimo di voto, voto scalare, voto scaglionato e voto capitario), nonché con clausole che attribuiscano a taluni soci particolari diritti che comportano unamaggiorazione” del diritto di voto (ad esempio, voto plurimo, casting vote, voto determinante) o che lo limitano (ad esempio, voto limitato o condizionato), non trovando in ogni caso applicazione il limite di cui all’art. 2351 comma 2 ultimo periodo c.c. (almeno metà delle azioni a voto pieno) ed il divieto del successivo comma 4 (relativo ad azioni a voto plurimo), disposizioni eccezionali non suscettibili di applicazione analogica nelle srl.

Si osserva, infine, come, mentre le prime clausole ipotizzate sono introducibili, modificabili o sopprimibili a maggioranza, ex art. 2479-bis comma 3 c.c., le seconde, dando luogo a diritti particolari ex art. 2468 comma 3 c.c., sono introducibili, modificabili o sopprimibili solo con il consenso unanime di tutti i soci, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo.