Clausole di resa: la FCA sostituirà EXW nella prassi commerciale?
Una parte degli operatori commerciali tendono a vedere con sospetto la clausola di resa Incoterms “EXWorks-EXW”, normalmente definita franco fabbrica, preferita invece dalla stragrande maggioranza degli imprenditori nostrani. Ma anche ponendo a confronto le due clausole, solo se abbiamo ben chiare le capacità organizzative dell’imprenditore, in questo caso ovviamente esportato, possiamo consigliare la miglior scelta possibile.
I detrattori della clausola EXW ritengono che essa esponga l’esportatore ad eccessivi rischi, soprattutto in merito agli obblighi doganali legati all’attività dello spedizioniere e fermamente consigliano di utilizzarla esclusivamente nelle operazioni che limitano la propria portata all’interno dei confini nazionali. Per vendite di respiro internazionale, sarebbe dunque preferibile adottare il termine FCA che permette, in sostanza, all’esportatore di controllare le operazioni di sdoganamento.
Al fine di ridurre i rischi evidenziati, l’esportatore dovrebbe porre la massima attenzione all’atto della stipulazione del contratto di compravendita, avendo cura di utilizzare una resa Incoterms del gruppo C o del gruppo D, che prevedono la consegna delle merci, a cura dello stesso venditore, al compratore.
Questa soluzione risolve il problema del mancato ritorno delle bollette doganali, poiché il vettore incaricato sia della spedizione sia delle formalità di export verrà scelto dal mittente e allo stesso risponderà contrattualmente; d’altro canto, tale opzione presuppone che l’esportatore disponga di un’organizzazione interna all’azienda in grado di gestire correttamente le spedizioni internazionali.
Spesso le aziende di piccole e medie dimensioni si trovano in una posizione contrattuale inferiore rispetto al cliente estero, per cui non sono in grado di imporre la propria volontà in merito alla gestione del trasporto. Tuttavia, anche in tali ipotesi i rischi insiti nel termine EXW possono ridursi chiedendo, in sede contrattuale, di utilizzare la resa FCA, identificando con certezza il luogo in cui il vettore prende in carico la merce: con questa clausola, l’esportatore italiano si accolla le operazioni di carico del mezzo di trasporto, assumendosene sì i relativi rischi, riuscendo però nello stesso tempo a mantenere il controllo quantomeno sull’operazione doganale. Spetterà, infatti, al venditore italiano individuare la dogana di confine comunitario e il doganalista di fiducia presso cui il vettore dovrà recarsi per effettuare le formalità di esportazione.
Invero, a nostro giudizio tutto dipende dall’organizzazione e dalla “forza” contrattuale dell’esportatore e che gli consente di domandare, a compratore e spedizioniere, l’applicazione di regole contrattuali stringenti e di salvaguardia, ma analizziamo le maggiori differenze tra le due clausole.
In tutti i casi in cui “il venditore effettui la consegna col mettere la merce a disposizione del compratore nei propri locali o in altro luogo convenuto… non sdoganata per l’esportazione e non caricata sul mezzo di prelevamento” siamo di fronte all’applicazione del termine di resa EXW. Ci teniamo a sottolineare anche il periodo “… non caricata sul mezzo di prelevamento“, aspetto importantissimo per le responsabilità che ne possono seguire in caso di danneggiamento della merce.
Ed è noto che, in questa ipotesi, il venditore deve affrontare un corpo minimo di doveri, limitandosi nella sostanza a preparare la merce nei propri locali, o in altra propria sede o magazzino, e renderli disponibili alla data prefissata per il ritiro. In altre parole, le obblicazioni dell’esportatore si limitano a quelle operazioni che sono normalmente pretese all’atto della vendita di qualsiasi prodotto, ovvero provvedere alle normali attività di controllo della merce (qualità, conteggio, ecc.), attività di preparazione (imballaggio, marchiatura, ecc.) attività di back office e assistenza (consegna della documentazione amministrativa necessaria). Quindi, attività del tutto normali e proprie del processo produttivo interno all’azienda.
Questa resa Incoterms comporta il minimo di obbligazioni per il venditore che si limita a preparare la merce pattuita nei propri locali entro la data convenuta, evitando di dover individuare un trasportatore, trattare sul prezzo, interessarsi delle formalità doganali, dell’assicurazione della merce e di tutto quanto è inerente a una spedizione internazionale
A carico del compratore, dunque, rimarranno tutte le attività relative al ritiro (rischio di danneggiamento o perimento della merce, spese connesse alle operazioni di ispezione della merce prima della spedizione, ecc), al trasporto (ricerca dello spedizioniere e relativi costi,e cc) e sdoganamento della merce (oneri per ottenimento delle licenze di esportazione ed importazione, formalità doganali, controllo documentazione amministrativa, ecc.) nei casi di vendite di natura internazionale:
Tutto bene per l’esportatore dunque. Sì, se non fosse che, delegando tutte le operazioni “gravose” all’importatore, egli spesso si espone a rischi spesso sottovalutati e che attengono, piuttosto che al mancato ritiro per colpa dello spedizioniere o del venditore, a tre aspetti principali: l’integrità dei prodotti, i documenti di sdoganamento e il pagamento della merce.
Sul primo aspetto connesso al rischio che la merce si danneggi durante il trasporto è bene precisare che l’esportatore deve evitare comportamenti non corretti, anche se mosso da buone intenzione e dalla prassi. Intendiamo quando, ad esempio, il venditore provveda ad occuparsi personalmente delle operazioni di carico della merce venduta EWX. In questo modo, egli si rende inadempiente alla clausola di consegna che impone in via esclusiva al compratore, o suoi incaricati, l’obbligo di effettuare le operazioni di carico della merce. In tale ipotesi, scatta quindi la presunzione che il carico della merce sul mezzo del vettore non fosse del tutto idoneo per il trasporto, con conseguente rifiuto – tipico – del compratore di pagare quanto ancora dovuto per la merce.
V’è da aggiungere che, in effetti, non occuparsi direttamente delle operazioni doganali pone l’esportatore in difficoltà nel caso in cui il compratore non restituisca copia della documentazione doganale al venditore, con la conseguenza che il venditore potrebbe avere difficoltà a giustificare l’operazione di esportazione, con tutti i rischi di natura tributaria che ne conseguono. Pensiamo, inoltre, al visto di uscita con rilascio del DAE e del relativo codice MRN necessario per verificare online l’avvenuta uscita delle merci dal territorio dell’Unione Europea. Per avere contezza del codice MRN il venditore dove necessariamente domandare allo spedizioniere che, tuttavia, non è obbligato a collaborare in quanto nessuna obbligazione lo lega all’esportatore.
Ed anche con riferimento al pagamento, effettuato anche con l’ausilio del credito documentario, può esser molto stringente il rischio che la mancata o erronea produzione dei documenti provenienti dallo spedizioniere siano di ostacolo all’esecuzione dell’operazione di pagamento da parte della Banca incaricata, e la conseguenza sarebbe il blocco della merce presso la dogana di destino. In questa situazione, il venditore non ha titolo per intervenire e, d’altro canto, il compratore, di fronte a documenti ritenuti non conformi, non è più tenuto a ritirare e pagare la merce.
Questi rischi, dunque, fanno spesso propendere i commentatori a preferire clausole di resa che prevedano che la consegna delle merci sia a cura del venditore. Naturalmente, nel proporre questa scelta dovremo sempre considerare le effettive capacità organizzative dell’impresa esportatrice e, nel caso essa sia una piccola azienda, forse il miglior consiglio è quello di far stipulare una assicurazione temporanea a copertura dei rischi considerati poc’anzi.
Tuttavia, se possibile, ovvero se il venditore può contare su una propria organizzazione e su spedizionieri adeguati, la soluzione prospettata risolverebbe certamente molte questioni alla radice (non avremmo problemi ad ottenere e a verificare la “bontà” dei documenti e delle bollette doganali) e utilizzare una clausole di resa quale “FCA”, ovvero “franco vettore”, permetterà di tenere maggiormente sotto controllo il trasporto della merce, a partire dal luogo di carico della merce sino al “gate” doganale di transito e destino se diversi, assumendo i relativi rischi connessi al traporto, anche in questo caso, magari con la protezione di polizza ad hoc.