Diritto Internazionale International

Joint Venture: qualche spunto sostanziale.

Mio Logo 2014La costituzione di una joint venture, sopratutto di natura internazionale, è invero un passo di assoluta difficoltà anche per imprese strutturate che dovranno sempre, per ogni singolo progetto, ripetere attentamente le dovute verifiche al fine di ben delimitare i rapporti interni – tra partner – regoleranno la vita della nuova realtà imprenditoriaole.

A mio avviso sbagliando, molti si preoccupano di limitare e comprimere il ruolo del partner staniero, compiendo anche dal punto di vista strategico un errore piuttosto grossolano in quanto si pongono immediatamente in una posizione di chiusura. Che fa anche riflettere sulle vere intenzioni nei confronti del socio straniero.

Alla resa dei conti, infatti, ciò che deve essere effettivamente regolata è la Governance della Joint Venture, aspetto incredibilmente sottovalutato e comunque spesso vanificato dalla stesura di clausole che, limitando eccessivamente la trasferibilità delle quote, nei fatti introducono altissimi rischi di stallo dell’operatività societaria.

Ciò che certamente è sempre bene considerare preventivamente rispetto a qualsiasi progetto di questo tipo attiene ai principi fiscali applicabili, agli oneri doganali e, naturalmente, al regime connesso all’import/export nel caso la nuova società sia una produttiva.

E’ noto che, nella prassi internazionale, gli operatori hanno sviluppato due tipi di joint venture: “contrattuale” e “societaria”. La prima non supera, nei fatti, la mera collaborazione commerciale che, tuttavia, è arricchita – e regolamentata – da una serie di contratti collegati, che regolano tutti gli aspetti societari. Il secondo  modello, invece, prevede la costituzione di un vero e proprio nuovo soggetto giuridico, tipicamente sottoposto – per ciò che riguarda le norme di applicazione necessaria, alla legge del luogo ova la società ha sede.

In sostanza, la prima struttura è scelta se l’intento delle parti è quello di condurre a compimento un singolo progetto comune, o una serie di attività che in ogni caso andranno ad esaurirsi in un lasso di tempo definito e non troppo lontano.  Una volta portato a termine lobiettivo, le società che ne sono parte, con tutta probabilità scioglieranno la collaborazione.

Molto diversa, invece, la motivazione che si pone alla base della joint venture societaria, costituita per progetti a lungo termine e che sarà costituita nel rispetto delle regole societarie applicabile al caso di specie.

A questo proposito si ritiene di sottolineare, a mero scopo illustrativo, che la maggior parte dei problemi relativi al funzionamento di una Joint Venture attiene all’eccesso di zelo che, troppo spesso, viene utilizzato nel redigere le clausole che attengono al divieto di cessione a terzi o comunque un diritto di prelazione nei confronti dei singoli partner qualora l’altro venturer voglia cedere la propria quota e, infine la possibilità di trasferire la propria partecipazione ad un’altra società del proprio gruppo. Essere eccessivamente stringenti su questo aspetto e non regolamentare, dal lato opposto, con la dovuta accortezza, i rimedi alla possibile situazione di stallo che ne potrebbe derivare, è uno degli errori più comuni che si incontrano in questo settore.

Normalmente, si può tentare di edulcorare il rischio appena considerato tramite l’introduzione di clausole di “cooling – off ” – la decisione sulla questione dibattuta è rimandata a successiva riunione del board e nel frattempo le parti si impegnano a cercare soluzioni tramite il processo di mediazione; “move – up” – si sospende la discussione per un determinato periodo di tempo garantendo, nel frattempo, l’operatività della società, per poi devolvere la risoluzione della questione al consiglio di amministrazione ovvero ad singolo amministratore, tipicamente l’amministratore delegato; “mediation clause” – nel caso in cui si affidi il compito di dirimere la controversia ad un soggetto terzo.

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