Contraffazione del marchio: anche le minori vendite possono configurare un elemento di danno.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 13025 del 10 giugno 2014, prima Sez. Civ., chiamata a dirimere una questione di contraffazione di marchio, ha statuito che il danneggiato, nel reclamare soddisfazione patrimoniale, può far ricorso anche ai principi di comparazione tra i dati del venduto e quelli dedicati a quanto avrebbe potuto vendere, e non è stato possibile fare, proprio in conseguenza dell’illecito.
La questione di merito era stata conosciuta dal Giudice del Tribunale di Torino che, in sede di Appello, aveva deciso una controversia in materia di contraffazione del marchio tra due società operanti nel campo della produzione e distribuzione di prodotti sanitari, entrambe utilizzanti il marchio “Luxor” accertato la contraffazione del predetto marchio ad opera di una delle due parti e, di conseguenza, condannandola al risarcimento dei danni a favore dell’altra. E proprio in questa sede, il danno derivante dalla contraffazione veniva quantificato in via globale ed equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., considerando una maggiorazione rispetto al fatturato conseguito dalla parte danneggiata.
La società “colpevole” presentava ricorso avverso la sentenza della Corte di Torino, contestando la legittimità del criterio equitativo utilizzato dalla Corte d’appello nella liquidazione del danno derivante dalla contraffazione del marchio. A detta della ricorrente, infatti, non erano state prodotto prove che ponevano in correlazione la contraffazione del marchio con la flessione subita dalla vendita, eludendo dunque l’onere probatorio in capo alla società danneggiata.
La Corte di Legittimità, tuttavia, rigettava con una certa fermezza gli assunti mossi in sede di ricorso e afferma: “il principio secondo il quale il danno cagionato all’impresa titolare del marchio contraffatto non necessariamente consiste in una riduzione delle vendite o in un calo del fatturato, rispetto al periodo precedente considerato, potendo esso manifestarsi solo in una riduzione del potenziale di vendita e quindi consistere in una minore crescita delle vendite, senza che si abbia una corrispondente riduzione od un calo rispetto agli anni precedenti considerati. Ciò accade, infatti, quando le vendite sono in crescita nel corso del periodo preso in considerazione e, in tali casi, non si manifesta alcun calo o riduzione delle vendite, pur potendosi manifestare un danno da riduzione del potenziale.”
E per questo, essa stabiliscei che, tra i parametri da considerare in sede di quantificazione del danno derivante da contraffazione, non vi sono soltanto il calo del fatturato della società o la riduzione delle vendite, ma anche la riduzione del potenziale di vendita, ossia la minore crescita delle stesse, che potrà essere provata, anche, con l’ausilio di una intervento peritale.