Se connessi al reato, il Dirigente rischia i propri beni!
Trattiamo oggi di violazione tributarie ed è stato ritenuto possibile e consentito, nei confronti di una persona giuridica, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato, ma non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di ulteriori beni della persona giuridica. A questo proposito è chiaro il testo della sentenza 5 marzo 2014, n. 10561 delle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione che ha preso le mosse da una ordinanza, emessa dal Tribunale di Salerno, con la quale veniva disposto il sequestro preventivo di un immobile di proprietà di un legale rappresentante di una società indagato per omesso versamento dell’iva negli anni 2009 e 2010.
La Terza Sezione Penale, preso atto di un contrasto giurisprudenziale, rimette la questione alle Sezioni Unite, le quali si interrogano se sia possibile o meno aggredire direttamente i beni di una persona giuridica per le violazioni tributarie commesse dal suo legale rappresentante. Secondo un primo orientamento, vi sarebbe l’impossibilità di applicare il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sui beni appartenenti alla persona giuridica qualora si proceda per violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, in quanto il D.Lgs. 231/2001, agli artt. 24 e ss., non si prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l’adozione del provvedimento, tranne il caso in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti, tanto che ogni cosa fittiziamente intestata alla società sia immediatamente riconducibile alla disponibilità dell’autore del reato. Altra impostazione, al contrario, sebbene abbia affermato l’assenza di una responsabilità in capo alla persona giuridica per i reati tributari, afferma che il fatto che il reato tributario sia addebitabile al legale rappresentante dell’ente non esclude che le conseguenze patrimoniali possano ricadere sulla società per la quale opera il manager, a meno che non vi sia la dimostrazione di una rottura del rapporto organico.
E’ indifferente, secondo detto indirizzo interpretativo, che la società sia o meno responsabile ai sensi del D.Lgs. 231/2001; l’ente non può essere considerato terzo estraneo al reato in quanto partecipa all’utilizzazione dei proventi economici che ne derivano. Secondo le Sezioni Unite, occorre prendere atto “dell’irragionevolezza dell’attuale assetto normativo, in base al quale con riferimento ai reati tributari compiuti nell’ambito di fenomeni associativi a carattere transnazionale è possibile ravvisare la responsabilità della persona giuridica ed operare la confisca per equivalente dei beni della società coinvolta diversamente da ciò che avverrebbe, in assenza di tale presupposto, anche a fronte di un ammontare maggiore di imposte evase, stigmatizzando quindi l’inefficacia dell’attuale sistema punitivo e la disparità di trattamento derivante dalla situazione considerata“.